Coloranti alimentari

da Nov 5, 2018Sicurezza alimentare

Coloranti alimentari

I coloranti, come i conservanti, gli emulsionanti, gli esaltatori di aroma e gli antiossidanti, non sono alimenti ma additivi aggiunti ad essi durante la loro lavorazione per esaltarne la colorazione o per ravvivarla dopo il processo di lavorazione in cui si può perdere parte del pigmento proprio di quell’alimento, quindi sono privi di valore nutritivo.

Siccome a volte il colore può indirizzare l’acquirente verso la scelta di alimenti non propriamente genuini, la legge proibisce l’uso di coloranti per alcune tipologie di alimenti quali latte, yogurt, uova, acque minerali, carni, pollame, selvaggina, oli e grassi d’origine animale e vegetale, farina, pane, pasta, miele, succhi di frutta, concentrati di pomodoro e pomodori in scatola o in bottiglia, burro di latte di capra e di pecora e diversi tipi di formaggio. Di solito, al contrario, i coloranti sono presenti in alcune categorie di alimenti quali bevande analcoliche, dolciumi e prodotti da forno in genere (gelati, pasticcini, prodotti di confetteria), integratori alimentari, salse e cibi preconfezionati. Di conseguenza, i coloranti sono presenti in gran parte dei cibi che acquistiamo, soprattutto in merendine, caramelle e cibi confezionati consumati dai più piccoli.

I coloranti alimentari sono molti e possono essere classificati in base all’origine (naturali, artificiali o semiartificiali), alla struttura chimica (organici ed inorganici) e agli usi (di superficie o di massa e superficie).

 

I coloranti naturali sono sostanze estratte con solventi chimici o con metodi fisici da materie prime animali, vegetali o minerali (per esempio, il nero si ottiene da carboni vegetali, il giallo oro dai petali della calendula); il loro limite sta nell’instabilità del colore all’esposizione di luce e calore, inoltre spesso danno colori opachi e poco uniformi e sono più costosi.

I coloranti artificiali, invece, sono “costruiti” per essere simili a quelli naturali, ma capaci di fornire molti più colori, più intensi e più brillanti, inoltre, sono più stabili alle variazioni di temperatura e acidità, più facilmente solubili e più resistenti all’ossidazione provocata dalla luce ed hanno costi decisamente inferiori rispetto a quelli naturali.

In Europa sono ammessi solo i coloranti che vengono autorizzati dall’Efsa (European Food Safety Authority – Autorità europea per la sicurezza alimentare), che ha il compito di riesaminare la sicurezza di tutti gli additivi alimentari entro il 2020.

A tal riguardo i Regolamenti UE a cui far riferimento sono il 1129/2011 in cui sono elencati gli additivi alimentari consentiti in Europa e il 1130/2011 in cui sono elencate le condizioni d’uso degli additivi alimentari.

Per buona parte dei coloranti di origine naturale si stabilisce solo che vanno usati “quantum satis”, cioè quanto basta per ottenere l’effetto colorante voluto.

Le norme sull’alimentazione distinguono fra coloranti commestibili, che sono aggiunti direttamente agli alimenti (colorante di massa e superficie), e un secondo gruppo di coloranti, che può essere utilizzato solo per la colorazione della superficie degli alimenti (colorante di superficie). Generalmente, la colorazione delle superfici, che riguarda ad esempio la scorza dei formaggi, la decorazione delle uova di Pasqua o l’involucro dei confetti, non si effettua sulle parti commestibili. Nel caso siano autorizzati dall’Unione Europea, i coloranti finalizzati al consumo sono contrassegnati da numeri preceduti dalla lettera E (Europa); invece, i coloranti destinati ad involucri e rivestimenti alimentari vengono qualificati con un numero preceduto dalla lettera C.

I coloranti alimentari sono segnalati nelle etichette con la seguente dicitura: da E 100 a E 199.

A quali alimenti si possono aggiungere i coloranti?
In base alle ultime disposizioni, gli alimenti che possono essere trattati con i coloranti consentiti sono soprattutto i seguenti:

  • Dolciumi: glasse e prodotti a base di zucchero, con eccezione di liquirizia e prodotti preparati con il latte, burro, miele, uova, malto, caramello, cacao, cioccolata, caffè; ciliegie per cocktail; frutta candita, con eccezione delle bucce candite di arancia e limone; gelati confezionati; marzapane e simili.
  • Pesce: prodotti a base di uova di pesce; gamberetti in barattolo; filetti di salmone in scatola.
  • Altri prodotti: confetture a basso contenuto calorico, creme e gelatine, budini, salse dolci e zuppe con l’eccezione di prodotti a base di cacao, cioccolata, caffè, uova e zucchero caramellato; bibite effervescenti, bevande confezionate, margarina, formaggi, liquori alle erbe; conserve di fragole, lampone e ciliegie.

Indicazioni riportate sulla confezione:
Per via delle lunghe e complicate definizioni chimiche, l’indicazione completa dei coloranti sulla confezione degli alimenti non è necessaria.
Secondo le normative vigenti, su un lato visibile della confezione deve essere stampata a chiare lettere l’indicazione “colorato” o “con colorante”, a breve distanza dalla denominazione commerciale (ad esempio caramelle con colorante). Una caratterizzazione più precisa va poi riportata nella lista degli ingredienti, dov’è possibile trovare l’elenco degli additivi.

 

Quali sono i coloranti?

I coloranti, come già detto, si possono classificare sia in base al colore che conferiscono agli alimenti a cui sono aggiunti, sia in base alla loro origine.

Qui di seguito li raggruppiamo in base al colore.

  • E100 – E109 Colore giallo
  • E110-E119 Colore arancione
  • E120-E129 Colore rosso
  • E130-E139 Colore blu
  • E140-E149 Colore verde
  • E160-E199 Colori misti

La recentissima normativa comunitaria impone, a partire dal 20 luglio 2010, che per alcuni coloranti in etichetta compaiano delle indicazioni aggiuntive. Si tratta di quei coloranti per i quali, nel corso degli anni, studi sulla capacità di concentrazione e di attenzione dei bambini, soprattutto in ambito scolastico, hanno dimostrato un’influenza negativa. Alcune ricerche pubblicate sulla rivista Science negli Stati Uniti ad esempio avevano confermato che in bambini alimentati con cibi contenenti coloranti alimentari avevano riscontrato un aumento dell’iperattività e un calo della concentrazione. Alcuni bambini sono infatti più sensibili ai cibi trattati e mostrano effetti immediati subito dopo l’ingestione di alimenti contenenti coloranti. Ad ogni modo, la tossicità di un additivo è sempre in relazione alla quantità ingerita e dipende anche dall’interferenza che si ha con altri additivi.
Ci sono diversi coloranti su cui è possibile ipotizzare un certo fattore di rischio per la salute dell’uomo. In particolare possono verificarsi casi di reazioni allergiche, causati talvolta anche da parti piccolissime di questi coloranti, soprattutto in quelle persone che presentano allergie all’acido acetilsalicilico (aspirina) nonché verso i salicilati.

In alcuni casi, l’EFSA è intervenuta con la disposizione del ritiro dal commercio di alcuni additivi alimentari, come ad esempio il colorante E128 (colorante rosso 2G), usato per la preparazione di hamburger di carne, il quale risulta cancerogeno a causa della metabolizzazione a livello intestinale dell’anilina. In altri casi, lo stesso Organismo ha disposto la riduzione di DGA (Dose Giornaliera Accettabile), come ad esempio con E104 (giallo di chinolina), E110 (giallo tramonto); E124 (rosso cocciniglia A o ponceau 4R) la cui ingestione in dosi superiori rispetto a quelle consigliate potrebbe causare danni alla salute.

 

L’alternativa degli “ingredienti coloranti”

Leggendo l’elenco degli ingredienti di caramelle, yogurt e bevande alla frutta si possono trovare diciture come “concentrato di carota”, “succo di uva” o “estratto di barbabietola”. Non vengono usati per il loro sapore o profumo, ma solo per le loro proprietà coloranti. Vengono definiti “ingredienti coloranti” perché non sono additivi, ma veri e propri ingredienti alimentari con proprietà coloranti, presenti in natura e che si possono tranquillamente mangiare.

Le linee guida europee stabiliscono che gli “ingredienti coloranti” devono provenire da alimenti (come frutta, verdura e altre piante commestibili) consumati in Europa prima del 1997 e di cui devono conservare le caratteristiche (come le proprietà aromatiche e valori nutritivi). Inoltre, non possono contenere coadiuvanti tecnologici, come emulsionanti, conservanti e stabilizzanti che spesso sono presenti negli additivi coloranti.

Si producono con metodi fisici e processi meccanici e senza ricorrere a solventi organici o a sostanze chimiche di sintesi. In tal modo, vengono ottenuti concentrati colorati che valorizzano il pigmento tipico di ogni frutto, ortaggio o erba: gli antociani che danno il rosso a mirtilli, patate rosse e sambuco; i carotenoidi che tingono di arancione zucca e carote, il licopene responsabile del rosso di pomodori e la clorofilla che rende verdi gli spinaci.

Prof. Giacomo Pagliaro PhD

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